Tailored optical stimulation for the blind

European scientists propose a personalized protocol for optimizing stimulation of optic nerve fibers, for the blind. The protocol has been tested on artificial neural networks that simulate the visual system.
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La stimolazione del sistema nervoso attraverso l’impiego di neurotecnologie ha aperto nuove strade per il trattamento di diverse patologie. Pensiamo alle protesi di braccia e gambe che ripristinano il senso del tatto negli amputati o alla stimolazione intraneurale per indurre sensazioni visive nei non vedenti.

Una collaborazione tra EPFL, Scuola Superiore Sant’Anna e SISSA mostra ora come la stimolazione del nervo ottico sia in grado di far recuperare una forma rudimentale di visione nei non vedenti. Nello studio, appena pubblicato su Patterns, il protocollo di stimolazione è stato per ora sperimentato su reti neurali artificiali in grado di simulare l’intero sistema visivo, note come reti neurali convoluzionali, utilizzate tipicamente nella visione artificiale per il riconoscimento e la classificazione di oggetti.

L’idea è di stimolare il nervo ottico attraverso elettrodi intraneurali, ossia che attraversano le fibre nervose invece di avvolgerle esternamente. La definizione del protocollo di stimolazione rappresenta una delle maggiori difficoltà e questo lavoro è il primo a proporre un processo di ottimizzazione automatica, dove la stimolazione intraneurale viene progressivamente raffinata al fine di indurre l’attivazione desiderata nella corteccia visiva.

"Il nostro studio mostra che è possibile indurre stati di attivazione desiderati negli strati profondi di una rete neurale che simulano le aree visive corticali. Il prossimo passo è capire quale attività dovrebbe essere evocata per indurre la percezione di oggetti visivi arbitrari", commenta Davide Zoccolan, professore di neurofisiologia e responsabile del Laboratorio di Neuroscienze Visive della SISSA. "Per questo, stiamo ora lavorando allo sviluppo di modelli predittivi, sempre basati su reti neurali convolutive. Questi modelli saranno in grado di apprendere quali elementi degli oggetti visivi vengono codificati dai neuroni corticali, consentendo così di stabilire la relazione fra spazio delle immagini e spazio delle risposte corticali – un passo fondamentale per lo sviluppo di protesi finalizzate alla restituzione della vista”.

Maggiori informazioni sono disponibili qui.

Immagine: Istock