Una funzione antica adattata allo scopo: così il nostro cervello ci permette di leggere

The new study has been published in Current Biology
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Lettere, sillabe, parole, frasi: insiemi di simboli messi in fila che, quando leggiamo, si riempiono di significato. Ma esistono nel nostro cervello un’area e un meccanismo esclusivamente deputati alla lettura? Probabilmente no; il linguaggio scritto è un’invenzione troppo recente perché il cervello abbia sviluppato strutture specificamente dedicate ad esso. Secondo quanto emerso da una recentissima ricerca, pubblicata sulla rivista Current Biology, per svolgere questo raffinato compito mettiamo in campo una funzione evolutivamente antica più generalmente utilizzata per l’elaborazione di molti altri stimoli visivi.

Per provarlo, i ricercatori della SISSA, autori dell’indagine, hanno sottoposto dei volontari a una serie di esperimenti in cui venivano loro mostrati diversi simboli e immagini, alcuni molto simili a parole, altri in forma di oggetti tridimensionali o del tutto astratti. I risultati hanno dimostrato che non c’era alcuna differenza tra il modo in cui i partecipanti imparavano a riconoscere gli uni e gli altri. Secondo gli studiosi, questi dati suggeriscono che per leggere utilizziamo lo stesso approccio che mettiamo in campo per muoverci nel mondo attraverso le nostre esperienze visive: semplicemente riconosciamo delle caratteristiche - forme, dimensioni, strutture e, sì, anche lettere e parole – e ne catturiamo le statistiche: quante volte occorrono, quanto spesso si presentano insieme, quanto bene le une predicono la presenza delle altre.

Grazie a questo sistema, sulla base della frequenza statistica di specifici simboli, siamo così in grado di riconoscere i segni ortografici, comprenderli e immergerci così nel piacere della lettura.